TOM HANKS, GLI ' 80 HANNO IL LORO ATTORE

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~DanShopgirl152
view post Posted on 12/12/2009, 10:46




Repubblica — 02 novembre 1988 pagina 27 sezione: SPETTACOLI

NEW YORK Hanno detto che ha lo stile di James Stewart, la classe di Cary Grant e il dinamismo di Jack Lemmon. Ma lui scuote la testa: se nel suo lavoro si sente affine a qualcuno (che a Hollywood è come dire: sì, va bene, ma io sono un' altra cosa) è Tony Curtis. Nel senso che né l' uno né l' altro danno l' impressione di stare recitando dice il regista David Seltzer ma Tom Hanks è unico. E' difficile contraddirlo: basta vedere Big e Punchline. E' come assistere alla nascita di una star. Tom Hanks ha 32 anni, ma sembra un secolo che è in circolazione. Pareva uno dei tanti, non era difficile confonderlo con quelli del Brat Pack, gente dai nomi come Estevez, Sheen, Sean e compagnia, anche se tendeva sempre a fare il buon ragazzo e loro a menar botte. Poi è venuto Big e Hanks, per farlo, aveva dovuto studiare a lungo i modi di fare di David Moscow, che nel film interpreta il tredicenne Josh Baskin, e il frutto di quello studio si vede. La precisione di questo attore in questo film può essere davvero paragonata alla naturalezza (erano altri tempi) di James Stewart e di Cary Grant. Prima di fare Big, Hanks aveva interpretato Punchline, che anche in America è stato presentato dopo (è appena uscito) per un mucchio di ragioni. Nella carriera di un attore questo si chiama colpo di fortuna, perché non so cosa sarebbe successo se Punchline fosse arrivato prima sugli schermi: è un film difficile, un film che osa violare uno dei presupposti di Hollywood, mai mescolare il dramma alla commedia, ma la platea aveva ancora negli occhi la trascinante avventura del trentenne che si cala nel corpo del ragazzino, e al nuovo film ha prestato attenzione. Il film ha già vinto, come minimo con un punteggio di 2-1 (pubblico e metà critica a favore, metà critica non ancora convinta). Diretto da David Seltzer con mano irriconoscibile da quanto è fluida (sono suoi Omen e Lucas), Punchline, che vuol dire battuta finale (come in una barzelletta), narra la storia di Steven Gold, e studente di medicina che sfoga una gran dose di rabbia verso il mondo sui palcoscenici miseri degli stand-up comics, e di Lilah Krytsick, donna sposata, madre inquieta sui quarant' anni, che ogni tanto abbandona la noia mortale della suburbia per andare a raccontare barzellette sui polacchi in un piccolo club di Manhattan, dove incontra Steven. Mentre lui è comico davvero, lei non lo è affatto. E' lui, allora, che cerca di istruirla, ma ben presto, quando lei esclama: Ma Steven, io amo mio marito!, lui è costretto a ribattere: Male. Se noi due dobbiamo sposarci, farai bene a liberartene. Questa punchline agrodolce dà il tono al film, che è una cavalcata di comicità finché Steven e Lilah sono in scena, ma che acquista tutti gli elementi del dramma quando scende nella vita reale. Il contrasto è volutamente accentuato dal fatto che Lilah è Sally Field, che ha almeno (come il personaggio) dieci anni più di Tom Hanks. L' accoppiamento è leggermente assurdo, ma l' assurdità serve: Steven Gold è un mascalzone, la donna vuole conquistarla per appagare una sua piaga interna, non perché l' ami veramente. Ed è qui, in questa camaleontica interpretazione, che Tom Hanks fornisce il meglio del suo scaltro mestiere. Non capita spesso che una giovane star rischi la propria immagine in un personaggio dai contorni antipatici: capita quando dietro c' è una grande sicurezza e quando il copione permette al pubblico di accettare comunque l' interprete. Punchline, tra l' altro, in America ha successo perché è il primo che porta compiutamente sullo schermo un' altra grande operazione di riflusso che la società ha in atto da qualche tempo: la comicità, appunto, la comicità spicciola, i 320 club che, partiti con gli avamposti di New York e Los Angeles, oggi ospitano duemila comedians, tutta gente che sogna Lenny Bruce e la grande occasione che fa scattare l' escalation del successo: club, teatri, televisione, cinema, con soste al Johnny Carson o al David Letterman Show. E' un business da 400 milioni di dollari l' anno, e dalle sue forche caudine sono passati Eddie Murphy, Bill Murray, Chevy Chase, Dan Aykroyd, Billy Crystal e cento altri. Il loro avo è Richard Pryor. Oggi, nel filone, si sono buttate anche le donne. Anche per questo Sally Field è credibile. La comedy dice un dirigente della cable-tv, dove tutto è permesso, compreso il linguaggio più scurrile è il rock' n' roll degli anni Ottanta. Il placebo che distrae dice uno di questi comici dal fatto che la presidenza se la stanno contendendo due come Bush e Dukakis, come se la cosa non ci riguardasse. La gente snobba un dibattito presidenziale e va a sentire un tale che dice: Mia moglie non è affatto volubile: è sempre terribile. E' solo perché negli Stati Uniti oggi l' umore è questo (in un' epoca di incertezza economica gli yuppies cercano scampo nella risata si legge su una rivista), che si è potuto portare sullo schermo Punchline. Scritto da Seltzer nel 1979 per la Abc, notato e poi comprato da Bob Bookman quando passò alla Columbia dalla televisione, pronto per la regia di Howard Zieff ma poi abbandonato, il copione di Punchline fu ritrovato per caso un paio d' anni fa da Dan Melnick (produttore di All That Jazz). Nel 1986, voleva farne un film senza star e con un budget di 8 milioni di dollari. Fu a questo punto che intervenne Sally Field. L' attrice ha un contratto con la Columbia che le permette la co-produzione di tutti i film che vuole. Questo, l' attirò subito. Affiancatasi lei a Melnick, il budget diventò di 15 milioni; e naturalmente occorreva un attore di primo piano. Sally Field non esitò: Ci vorrebbe un Tony Curtis giovane. Quindi Tom Hanks. E' il solo. Non sapeva di aver scelto la big star dell' estate 1988. Hanks ha fatto qualche passo falso (film come L' uomo con la scarpa rossa), ma fin dal suo esordio in Splash ha raffinato attentamente le sue doti drammatico-comiche. Forse non in Bachelor Party, ma certamente in Volunteers, Niente in comune, Casa dolce casa e La retata. Ora gira The Burbs, regista Joe Dante, che uscirà a marzo. Hollywood non sa ancora come le sia toccata la fortuna di scoprire un attore all' antica, ma questa fortuna James Stewart o Tony Curtis che sia se la cura a dovere. - di ROMANO GIACHETTI

 
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