Intervista a Tom Hanks sulla repubblica.

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Elena Hanks84
view post Posted on 29/5/2009, 15:23




Com' è difficile il mestiere del padre


Repubblica — 02 agosto 2002 pagina 40 sezione: SPETTACOLI

CHICAGO - Per la prima volta insieme sullo schermo in Road to perdition, Paul Newman e Tom Hanks parlano del mestiere di attore, del rapporto padre-figlio e dei ruoli che preferirebbero dimenticare. Nel film, che sarà presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia, Hanks, 46 anni, è un sicario, figlio adottivo di un gangster irlandese, interpretato da Newman, 77 anni. NEWMAN: «Prima non ci conoscevamo. Joanne (Woodward, moglie di Newman), sua madre in Philadelphia, me lo aveva descritto come molto attaccato al lavoro e forse anche troppo responsabile. Per girare una scena di questo film ci sono volute 19 ore, Tom doveva dire solo una battuta, ma è rimasto lo stesso sul set per tutto il tempo, anche a telecamere spente». HANKS: «Per me è stata una sorta d' iniziazione. Il mio mondo è cambiato perché ho girato un film con Paul Newman. Paul potrebbe permettersi qualunque cosa: anche non ricordarsi il mio nome e chiamarmi ragazzo, andarsene dopo un ciak, se vuole, o parlare per tutto il giorno con due cagnolini seduti in grembo, solo perché è lui. Invece è uno del gruppo, che cerca come noi di non sentirsi a disagio. Abbiamo lavorato insieme senza traumi, è bastato superare l' imbarazzo». N: «Abbiamo rispettato il territorio l' uno dell' altro. Io pisciavo sul mio albero, lui sul suo finché qualcuno non gridava "azione!"». H: «Come due cani alla catena, non potevamo avvicinarci più di tanto». Nella scena in cui vi esibite in un duetto al pianoforte date proprio l' impressione di essere padre e figlio. N: «Originariamente doveva essere una danza irlandese, ma né io né Tom siamo particolarmente abili a muovere i piedi. Quando mi hanno chiesto se sapevo ballare, ho risposto che bastava dare un' occhiata alle scarpe di mia moglie per convincersi del contrario. Così siamo passati a un motivo strimpellato al pianoforte». H: «è un lusso che ti consente il cinema, fare qualcosa che è l' opposto di lasciarsi andare al sentimentalismo. Un dialogo sarebbe stato troppo sdolcinato. L' immagine di noi due seduti insieme al piano, come padre e figlio, dice moltissimo sul nostro rapporto e sulla nostra storia». N: «è stato divertente, io sapevo suonare un po' di boogie-woogie, Tom invece ha dovuto partire da zero. Ci siamo esercitati insieme su una di quelle piccole tastiere elettriche». Che rapporto avevate con i vostri padri? N: «Il mio lo sentivo distante, direi che non abbiamo mai avuto un vero rapporto padre-figlio, ma il solo fatto che la sua ditta di articoli sportivi sia sopravvissuta alla depressione dimostra quanto fosse onesto e per bene. Mi considerava un buono a nulla e il mio grande rammarico è che non abbia visto il mio successo. Ne sarebbe stato orgoglioso, sapeva quanto è duro sopravvivere». H: «Mio padre aveva un carattere e una personalità completamente diversi da me. Era timidissimo e gli riusciva difficile comunicare. Io sono stato sempre molto disinvolto. Quando cominciai a recitare negli spettacoli della scuola mi resi conto per la prima volta che mio padre, tra il pubblico, provava ammirazione per me, perché avevo una qualità che a lui mancava. Ma ormai era troppo tardi per reimpostare il nostro rapporto. Non abbiamo mai avuto un dialogo aperto». N: «Quando io e mio fratello andammo in guerra (Newman fu radiotelegrafista nella seconda guerra mondiale) mio padre scrisse a ciascuno di noi una lettera al giorno, per tre anni, ma a rileggerle si sente che sono distaccate, prive di intimità. Credeva però che fosse suo dovere ricordarci che c' era qualcuno a casa che pensava a noi». Tom, lei viene da una famiglia sfasciata. Ha cercato di dare ai suoi figli più stabilità? H: «Il maggiore (l' attore Colin Hanks), ha 24 anni. Per gran parte della sua infanzia e adolescenza non avevo la minima idea di come fare il padre o il genitore. Pensavo solo alla carriera, lui e la sorella vivevano con la madre (Samantha Lewes). Oggi a 45 anni considero di fondamentale importanza dare ai miei figli più piccoli (avuti dalla moglie Rita Wilson) sicurezza e stabilità, e sento che rientra nelle mie possibilità, mentre con i più grandi non ne ero proprio capace». Pensate che l' essere famosi renda doveroso da parte vostra un impegno sociale? H: «Userei piuttosto il termine responsabilità. Se non se la assume la gente come me, chi deve farlo? L' anarchico Jeffersoniano, il pacifista anni '60, il giovane democratico alla Bobby Kennedy che ho sempre pensato di essere mi fa dire "Non lamentarti del buio, accendi una candela"». N: «Ero un tipo tranquillo fino alla guerra del Vietnam, poi mi impegnai attivamente nella campagna elettorale del 1968. L' onore più grande per me è stato trovarmi al 19° posto nella lista dei nemici di Nixon. Tutti gli altri attori erano invidiosi. Il volontariato è la parte migliore dell' America». La fondazione Scott Newman nasce da questo senso di attivismo? (Scott, figlio di Paul Newman, morì di overdose nel 1978). N: «è stato solo un modo di ammettere un' inaccettabile negligenza. Il regista George Roy Hill diceva: "La fortuna è un' arte. La gente vede la fortuna passargli accanto e non è capace di afferrarla". Si può dire lo stesso del dolore e del lutto, è qualcosa che ti passa accanto e che dovresti riconoscere. Lo vedi allontanarsi e pensi che tutto finirà bene. Poi però succede qualcosa che non finisce affatto bene allora ripensi a tutti i segnali che hai avuto lungo la strada e che, come la fortuna, ti hanno sfiorato ma tu te ne sei accorto troppo tardi». è più facile fare l' attore o il regista? N: «Credo che sia molto più facile dirigere, perché sei sempre in azione. Quando reciti invece, e sei emotivamente coinvolto, è difficile interromperti, andare a mangiare un panino e poi rientrare nel ruolo. Ti senti uno stallone in un bordello. è difficile staccare e ricominciare da capo. Quando dirigo un film il tempo passa più veloce». H: «Quando faccio il regista mi sento da solo alla guida di una diligenza, pieno di dubbi e incertezze. Ricordo che mentre giravo "Band of brothers", ho visto tutta quella gente sul set e avrei preferito essere tra gli attori invece di dover decidere come organizzare le riprese». Se ne aveste la possibilità, quale ruolo del passato vorreste interpretare diversamente? N: «Quasi tutti quelli precedenti al 1978. Non mi piace rivedermi in quei film. Il peggiore è Il calice d' argento: un disastro senza paragoni. C' erano Virginia Mayo, Jack Palance e un paio di cammelli». H: «Io ho fatto Love Boat. Mi piacerebbe riprovarci. Ero il vecchio compagno di college di Gopher. Sono stato l' unico del cast di Love Boat a passare del tutto inosservato all' epoca. Eppure a me sembrava fantastico». Paul, lei normalmente non partecipa alla serata degli Oscar, nemmeno quando ottiene una nomination. Perché? (Newman fa una smorfia come dopo un sorso di limonata amara). H: «Credo che ti abbia già risposto». N: «Non capisco perché debba esserci competizione tra gli attori. C' è chi ha un personaggio meraviglioso e un' ottima sceneggiatura e deve soltanto andare in scena e c' è chi tira fuori il meglio di sé con un pessimo regista e dà un' interpretazione magnifica. E qualcuno dice che uno è meglio dell' altro. La cosa bella delle gare di automobilismo è che il risultato è esatto al millesimo di secondo. Il tuo paraurti è qui e quello del tuo avversario è là, quindi hai vinto tu». H: «Che tu vinca o perda, comunque in quella serata hai il terrore di fare qualcosa di stupido che segnerà per sempre la tua carriera, che ne so, inciampare, dire una battuta loffia, o qualcosa che vuol essere serio ma suona stupido. Se non sei in grado di sopportare quello stress, meglio non andare». Qual è il segreto di matrimoni durevoli come i vostri? N: «Non conosco gli ingredienti dei piatti che mi prepara». H: «Io invece dico "so di essere un uomo fortunato, ma lei avrebbe potuto fare di meglio"». (Copyright Latsi - Photo Masi) Traduzione di Emilia Benghi - JESS CAGLE
 
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