| Mister Hanks, come sceglie i progetti da produrre? «Il mio criterio è semplice: produco ciò che vorrei vedere come spettatore. E comunque produrre per la televisione è molto diverso da quando lo fai per il cinema, dove magari sei uno dei diciannove produttori e ti presenti sul set ogni tanto a fare delle foto. Quando produci televisione devi seguire passo a passo un progetto sin dalla sua gestazione. Questo, poi, non è un soggetto popolare, e trattandosi di una storia molto americana le prospettive che piaccia all’estero non sono delle migliori. Non credo ci sia un mercato per il documentario storico, ma c’è sempre spazio per della buona tv».
Vede molta tv?«Vedo molti reality, e a dir la verità non li sopporto. Li trovo noiosi e sono tutto fuorché reali. Che senso ha avere della gente persa nella giungla che attraversa un ponte disegnato benissimo dagli scenografi? A me interessa la realtà ed è per questo forse che sono affascinato dalle biografie storiche e da ciò che è accaduto e accade per davvero. L’altro giorno, per esempio, ero in macchina e ho visto una lunga fila di persone di fronte a una sede della Indymac (una banca californiana che è fallita la settimana scorsa, ndr) per cercare di recuperare i loro depositi. Un assalto alla banca, una cosa che mai avrei creduto di vedere in America».
Parliamo di Mamma Mia!
«Non ho mai dedicato troppo tempo alla musica degli Abba, ma la prima volta che ho visto lo show ho scoperto che conoscevo tutte la parole. E che non riuscivo a fare a meno di cantare e di ballare. È un musical contagioso e sono orgoglioso di essere stato parte della produzione».
Come definisce il successo?
«Il successo è soggettivo e in mezzo ci sono tante venature di grigio. Alla fine, comunque, puoi solo misurarti con te stesso, analizzare se hai dato il meglio di te, se manca qualcosa».
Parliamo di Roma e della sua esperienza italiana.
«Ho visto tanti posti in vita mia, ma nessuna città è bella come Roma. E poi c’è la pasta... Invece mi ha disturbato la gran quantità di graffiti sui muri. Ce ne sono nelle fontane, nelle cabine del telefono, dappertutto. Perché? Detto questo, Roma è magica, penso a posti come Piazza Navona o la piazza del Pantheon. Inoltre ho apprezzato la presenza di troupe molto professionali ed efficienti. Insomma, è stato triste lasciare la città».
È tempo di elezioni. Da che parte sta?
«Voterò Obama, ma ho grande rispetto per John McCain, un veterano di guerra. Ricordo che quando giravamo Philadelphia sono andato a visitare il Senato e la sala dove George Washington aveva passato le consegne a John Adams. Per la prima volta, il potere veniva passato senza sangue. Ecco, chiunque sarà il nostro nuovo presidente lo diventerà nel rispetto di questa tradizione. E io seguirò come sempre l’inaugurazione, una cerimonia che mi fa venire la pelle d’oca».
Parlando di veterani, lei è il portavoce di una organizzazione che difende i loro diritti.«Il nostro governo non si prende cura come dovrebbe dei soldati che tornano dall’Iraq e dall’Afghanistan. Non li aiuta a tornare alla vita civile, a trovare lavoro e prestiti. Noi aiutiamo a coprire un vuoto».
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